Kaid Syrah ’16 – 94/100

Kaid Syrah ’16 – 94/100

(Pubblicato su I love Sicilia, n. 142 novembre 2018)

Una querelle agita da sempre il mondo del vino: se cioè sia più importante il terroir (in sostanza dove sono impiantate le vigne, con esposizioni, struttura del terreno, ventosità, etc, etc.) oppure se la cultivar predomini su tutto, marcando in modo quasi assoluto il vino che andrà a nascere. A me pare che il vitigno – cabernet sauvignon, merlot, sauvignon blanc, riesling e via discorrendo – tracci la strada in funzione della visione e del progetto vigneron-agricoltore ma che poi sia il terroir quello che risulta determinante, in funzione di una rilevante quantità di fattori. In sintesi: ci sarà un riesling (l’esempio è reale) sull’Etna? Questo alloctono (Mosella, Austria, Alto Adige, e non solo nelle espressioni più significative) porterà (porta) principalmente le caratteristiche del terreno e delle condizioni generali e particolari presenti sul vulcano. Fra i vitigni internazionali arrivati in Sicilia, non pochi ambientatisi perfettamente, il syrah ha dato prove notevoli, specialmente nell’area di Camporeale , dove è approvato alla fine degli anni Ottanta, dando vita a risultati d’eccellenza, riscontrati da più case vinicole, che ormai considerano questa uva  -di fatto – Made in Sicily. Alessandro di Camporeale, ormai realtà “cult” siciliana, in biologico certificato, ha, in un certo senso, fondato buona parte delle sue fortune su questa varietà sin dal 1989. Il monovarietale Kaid ’16 (tonneaux (di diversi legni) per 12 mesi) è a mio avviso la migliore versione di sempre: il colore è cupo-violaceo brillante, i profumi, marcati e nitidi, ricordano i gelsi neri, la prugna, i chiodi di garofano, il pepe nero macinato, le bacche di ginepro, il cioccolato, l’eucalipto, la menta. In bocca è raffinatissimo ed elegante, soave, ha tannini già rotondi e avvolgenti, ammirevole l’infinita persistenza. Con dei busiati freschi al ragù di cinghiale. Sui 16-18 euro per un grande vino, ben spesi.