
30 Apr Spumante Alessandro di Camporeale
(Pubblicato su Siciliaweekend.info, 7 aprile 2021)
Spumante Alessandro di Camporeale: il tasting di questo metodo classico che nasce sulle splendide colline della provincia di Palermo.
Lo spumante è forse il vino più vivo di tutti, quello che dà subito la sensazione di essere davanti a una creatura di rara bellezza. Non è un caso che ne parliamo sempre più spesso, come fatto per questo Franciacorta o per lo spumante che nasce sugli Iblei, in Sicilia.
In particolare il metodo classico che prevede pratiche precise e lunghi tempi di affinamento ne fa una sostanza tanto affascinante quanto misteriosa. L’associazione con le regioni nordiche e i climi freddi è immediata, in un certo senso necessaria, eppure lo spumante siciliano di certe aree dell’isola comincia ad avere un posto speciale nei miei desideri.
Nell’Occidente di Sicilia, in quel patchwork di frutteti, seminativi e vigne che è il paesino agricolo di Camporeale (Palermo) c’è Contrada Mandranova, il cuore pulsante di Alessandro di Camporeale, un’etichetta che dagli anni ‘80 in poi ha dato un indirizzo e un impulso diretto alla viticoltura siciliana di qualità che conosciamo oggi, una gestione familiare tra fratelli oggi raccolta e portata avanti da tre cugini Anna, Benedetto e Benedetto.
Lo spumante è una novità presentata nel 2020, che proviene dalle uve di Catarratto della porzione più bassa della vigna storica di Mandranova. L’esposizione, l’altitudine e la tipologia del Catarratto di varietà Extra Lucido (così detto per la quasi totale assenza di pruina e particolarmente dotato in acidità) fa intuire alla nuova generazione di Alessandro che da lì potrebbe venir fuori un ottimo spumante. Intuizione corretta, anzi quasi una profezia.
A mio parere ha tutte le carte in regola per diventare un cult della spumantistica italiana e vi spiego perché. Intanto lo stile con cui è stato concepito: prima di vedere la luce sosta per 36 mesi sui lieviti in cantina ed è un Extra Brut cioè un vino con un residuo zuccherino molto basso, fattore che contribuisce ad esaltare le parti dure del vino.
L’oro dei grappoli maturi di Catarratto è un colpo d’occhio che si ritrova nel calice che si tinge di nuances intense del giallo dotate di luminosità e brillantezza, lo attraversano poi le catenine del perlage che è fitto, finissimo e persistente.
Il naso è una danza nei giardini mediterranei: bergamotto, cedro, zagara e spunte erbacee di salvia e timo.
L’ingresso in bocca è un’esplosione, s’apre con vigore sostenuto dalla bolla che rimane strettissima e aggraziata anche al palato, un attimo dopo si ferma sembra di sentire un ago della bilancia che si sposta, ondeggia per poi fermarsi perfettamente al centro: il sorso è equilibrato, armonico, perfettamente bilanciato tra freschezza e acidità, una bella persistenza gusto olfattiva ne allunga il godimento.
Ho degustato il millesimo 2016, sboccatura febbraio 2020 quindi ha riposato quasi un anno in bottiglia, l’ho trovato pronto, perfetto. Sì mi è piaciuto tanto. Davvero tanto.
Ho detto tanto? Nel dubbio lo ridico: tanto.
Viva le bollicine ben fatte che aggiungono qualcosa anche ai momenti migliori, viva lo spumante siciliano che ha tanto da dare a chi saprà prenderselo.